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Giovedì 29 giugno è stata inaugurata al Centro Paideia “Never give up”, la mostra fotografica curata da Benedetta Crosetto, fotografa e tesista dello IED, insieme a suo fratello Andrea. Il progetto è dedicato al tema dell’identità del “diverso” e racconta una storia legata a Paideia.
La visione di Benedetta è moto chiara: “La nostra quotidianità è incentrata sul confronto con l’altro, stimolante da una parte, ma dall’altra va a sottolineare quelle che vengono chiamate diversità. La possibilità di rivendicare un’identità diventa, nel campo della disabilità, particolarmente complessa e pone dei problemi di sensibilizzazione all’interno della società civile. Io credo che la parola disabilità sia storicamente associata a un deficit che viene vissuto come penalizzante. L’aspetto sociale è quello più nocivo, ovvero quell’insieme di emarginazione e discriminazione a cui è spesso sottoposta la persona disabile nei diversi contesti di vita. Ho cercato una serie di teorie che rispecchiassero il mio pensiero e sono stata aiutata dalla Fondazione Paideia, che aiuta le persone a esprimere al meglio le proprie potenzialità, impegnandosi a diffondere una cultura inclusiva. Qui la mia idea è stata accolta dal primo momento, e qui ho conosciuto Pietro, che mi ha dato tanto. Mi hanno raccontato la sua storia di crescita e ho pensato fosse la storia giusta da raccontare, quasi un destino esserci incontrati.”
Benedetta e Andrea hanno infatti lavorato per sei mesi a contatto con Pietro Roagna, un ragazzo di 18 anni che frequenta il Liceo delle Scienze Umane, si allena al circolo dei canottieri a Torino, va a nuoto 3 volte a settimana, è atleta di Special Olympics, e in Paideia ha cominciato un percorso per diventare istruttore di nuoto.
Pietro è un ragazzo con la trisomia 21, proprio come Andrea. “Ho lavorato con Andrea perchè lui mi ha insegnato ad abbracciare le diversità e a valorizzare la bellezza di ogni singola persona che incontro. Attraverso Andrea ho scoperto che l’identità è una costruzione complessa, che va al di là di ciò che possiamo vedere o definire, ed è proprio per questo che ho scelto di trattare il tema insieme a lui. Il mio obiettivo è stato proprio quello di cercare di farmi aiutare da Andrea per parlare della disabilità perché non posso parlare di qualcosa che non mi appartiene al cento per cento. Perché io la disabilità la conosco, mi appartiene a livello familiare ma non mi appartiene a livello personale e quindi non posso entrare al cento per cento nella situazione. Proprio perché si parla di identità era importante farlo insieme. Andrea mi ha fatto arrivare dove sicuramente non sarei riuscita ad arrivare da sola. Andrea mi ha aiutato tanto anche con Pietro. Dalle immagini si capisce quanto Andrea si sia buttato molto di più rispetto a me. Nel senso che lui è andato molto più vicino a Pietro, ci sono degli zoom del viso pazzeschi, mentre io sono rimasta molto più lontana, proprio per non invadere i suoi spazi.”
Benedetta e Andrea hanno scattato insieme, ognuno con la sua macchina fotografica, in autonomia. “Io non ho mai spiegato ad Andrea a livello tecnico come usare la macchina fotografica. Andrea all’inizio voleva solo parlare attraverso le immagini, faceva degli scatti bellissimi e unici, con un linguaggio completamente diverso dal mio. E poi, mano mano che il progetto è andato avanti, guardandomi ha imparato a muoversi e ha voluto conoscere alcune tecniche. Ha imparato tanto senza perdere la sua spontaneità personale. Così mi ha messa in crisi, perché alcune immagini sembravano identiche alle mie. L’unione delle immagini mie e di Andrea porteranno ad una visione unica nel suo insieme, senza distinzioni di nessun tipo, nel senso che non verrà sottolineato da chi sono state scattate le immagini. In sei mesi ha fatto una evoluzione pazzesca, non immagino cosa possa fare in tutto il resto della nostra vita.”
Benedetta e Andrea hanno seguito Pietro nella sua quotidianità, nelle sue attività, concentrandoci principalmente sullo sport. “Pietro è un ragazzo straordinario, pieno di vita e di energia contagiosa, e Andrea ha saputo renderlo al meglio. La sua disabilità non lo ha mai limitato nel perseguire i suoi sogni e nella sua voglia di vivere ogni istante, e volevamo mostrare questo.“
Per Benedetta questo è solo l’inizio. “Sono anni che desidero lavorare con mio fratello. Lui è un grande appassionato di fotografia, e io vorrei che ne coltivasse il lato artistico, che potessimo raccontare tante altre storie insieme. Sono sicura che un domani faremo dei grandi lavori insieme. Lui sa alleggerire molto la situazione, come in questo progetto di tesi.”
La mostra sarà visitabile fino al 13 luglio nel cortile interno del Centro Paideia (via Moncalvo 1, Torino) nei seguenti orari: da lunedì a venerdì in orario 8-19 e il sabato in orario 9-18.