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È passato più di un mese da quando la guerra ha sconvolto l’Ucraina e il suo popolo, toccando la quotidianità di tutti noi.
L’11 marzo – con Cooperativa Pausa Café e Associazione Accomazzi – come Paideia abbiamo attivato una missione speciale al confine tra Polonia e Ucraina, che abbiamo raccontato qui.
Dall’inizio del conflitto ci interrogavamo su quale potesse essere la nostra parte, in tutto questo. E quell’appello di don Volodymyr Moshchych, sacerdote ucraino e cappellano dell’ospedale infantile di Leopoli, che chiedeva di evacuare dalla città alcune persone con disabilità, ci ha condotto verso una risposta concreta. Per provare a fare, nel nostro piccolo, qualcosa che da quasi trent’anni ci appartiene: prenderci cura degli altri, in particolare dei bambini con disabilità e delle loro famiglie.
Oggi le persone che hanno viaggiato con noi hanno trovato casa a Torino, in alcune strutture messe a disposizione dalla Fondazione Paideia, dall’Ufficio Pastorale Migranti e da alcuni privati. Altre se ne sono aggiunte nel frattempo, in arrivo da altre rotte e incrociando altre storie di accoglienza, come quelle di Associazione Domus e Casa Giglio.
In collaborazione con Pausa Café e Accomazzi, inoltre, nei giorni scorsi è stato definito un presidio con due operatori al confine tra Polonia e Ucraina, con base a Przemyśl, per intercettare flussi di profughi diretti in Italia e facilitare i trasporti in coordinamento con il tavolo torinese per l’accoglienza, anche in relazione a possibili situazioni di maggiore criticità. Ci segnalano, ad esempio, un altro bimbo con disabilità in partenza da Leopoli con la sua mamma, che viaggerà verso l’Italia nei prossimi giorni.
Oggi con noi a Torino ci sono già Dmytro, Masha, Regina, Ruslan. Quattro bambini e ragazzi con disabilità che, con le loro famiglie, sono fuggite dai territori di guerra, con uno zaino e poco più. Grazie all’aiuto di tanti donatori che si sono attivati fin da subito e che hanno fatto sentire la loro vicinanza già durante il viaggio di ritorno in Italia, ci stiamo prendendo cura di loro offrendo ospitalità, pasti, vestiario, cure mediche, assistenza psico-sociale e tutto ciò di cui hanno bisogno.
Ogni famiglia è stata affiancata fin dall’arrivo da una delle nostre operatrici dell’equipe di accoglienza e sostegno formata da assistenti sociali, psicologhe ed educatrici. A loro si sono aggiunte una mediatrice culturale, e un’operatrice madrelingua ucraina, per essere il più vicini possibile ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie.
La scorsa settimana, quando abbiamo fatto visita ad alcune di loro, abbiamo giocato a imparare alcune parole fondamentali davanti a una tazza di tè. Noi abbiamo insegnato la parola “amico”, che in ucraino si dice друг (druh), loro hanno scelto я тебе люблю (ya tebe lyublyu), che significa “ti voglio bene”.
In quella tazza di tè, nelle risate e nei visi più rilassati dopo giorni faticosi c’era tutta la forza di questo scambio. Un incontro in cui senti che anche il tempo, davanti alla guerra, assume una forma nuova, certamente più preziosa. E si fa strada il pensiero che in questo clima di incertezza, mentre notizie drammatiche si susseguono giorno dopo giorno, sentire e far sentire loro l’abbraccio di ognuno di noi è non solo giusto, ma fondamentale.
Grazie di cuore a tutti voi, che avete scelto di essere al nostro fianco anche in questa occasione!