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Che cosa significa “disabilità”? Perché alcune persone usano una sedia a rotelle o un bastone bianco? E come spiegare a un bambino che non tutti vivono, si muovono o comunicano nello stesso modo? Sono interrogativi che molti adulti si pongono e che spesso emergono spontanei anche nei più piccoli.
Durante i giorni di Insieme – il Festival di Paideia ci siamo chiesti come rispondere a queste domande senza cadere nei cliché. Tra le persone che ci hanno aiutato ad esplorare questo tema c’è Marina Cuollo, attivista, scrittrice e content creator, autrice del libro “La disabilità spiegata ai bambini e alle bambine” (Becco Giallo, 2025).
Nel volume Marina racconta la storia di Azzurra, che ha otto anni e una passione sfrenata per le scienze. Usa una sedia a rotelle elettrica, che ha affettuosamente soprannominato “Giuditta” e non vede l’ora di costruire il progetto assegnatole dalla maestra. Anche se i commenti dei suoi compagni la feriscono, Azzurra troverà la via per portare a termine il compito nel modo più adatto a lei: perché ogni corpo ha il suo modo di affrontare i problemi, e questo non cambia il nostro valore.
Il libro nasce da un dialogo con i più piccoli e, come ci racconta la stessa Marina, “dal desiderio di mostrare a chi non lo conosce uno dei tanti modi di stare al mondo, e a chi lo conosce un’occasione per ritrovarsi, per sentirsi visto, riconosciuto e rappresentato. Il volume è anche uno strumento utile per genitori e insegnanti, che mira a rendere lo sguardo verso la disabilità più comprensibile e naturale, partendo dall’età in cui nascono le prime curiosità e si costruisce la propria visione del mondo.”
In occasione della tre giorni di Festival abbiamo fatto una chiacchierata con l’autrice, a cui abbiamo posto alcune domande.
“Di solito bambini e bambine mi fanno spesso domande specifiche sul mio tipo di disabilità, e questo non mi sorprende: in genere non sono abituati a incontrarla così di frequente in ciò che leggono, guardano o vivono. E quando accade, raramente gli adulti li informano in modo adeguato o sanno rispondere alle loro curiosità. C’è però una domanda che ricordo con particolare piacere, non riguardava la disabilità, e proprio per questo mi colpì ancora di più. Durante una visita in una classe napoletana, una bambina mi chiese: “Quali erano i tuoi sogni da bambina?”. Non solo mi sorprese, ma mi sciolse il cuore. Oltretutto, in quell’occasione, in quella classe arrivarono prima molte domande sulla mia professione e solo dopo quelle sulla disabilità. Probabilmente scuola e famiglia lì hanno lavorato molto bene.”
“È importantissimo che i bambini possano vedere la disabilità per quello che è. Nei libri per l’infanzia spesso la si racconta in forma metaforica: non ne nego l’efficacia, ma credo che se i più piccoli incontrano la realtà direttamente, disabilità compresa, impareranno a considerarla come parte naturale dell’esperienza umana, con un’accezione neutra. Com’è giusto che sia.”
“Ovviamente è importante leggere libri sul tema insieme ai bambini e discuterne, ma anche coinvolgere persone con disabilità nel veicolare queste tematiche. Relazionarsi direttamente con le persone è fondamentale.”
“I bambini hanno tutte le capacità per comprendere la disabilità, così come le cose della vita. Ai bambini non bisogna nascondere le cose o cambiarle perché ci sembrano complesse. Bisogna dire loro la verità, con parole adatte a loro, semplificandola, ma non rendendola superficiale o diversa da quella che è. Perché i bambini, se lasciati liberi di capire, non hanno paura di fare domande o di accettare risposte. Siamo noi, spesso, a complicare ciò che potrebbe essere davvero semplice.”
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Grazie a Marina Cuollo per il tempo che ci ha dedicato e per il suo prezioso contributo!