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“Anastasia ci sta insegnando tante cose nuove e belle, ogni giorno”. Quando Monica inizia a raccontarci di Anastasia, gli occhi si illuminano e non può fare a meno di sorridere. “Per rapportarsi con lei ci va tanta energia e tanta carica perché è molto vivace, ma è una gioia immensa, impensabile. Se me l’avessero detto prima non ci avrei creduto: ammetto che da mamma sono partita con i piedi per terra, sapendo che non dovevo aspettarmi troppe cose. Anastasia è nata con la trisomia 21, la sindrome di Down”.
“Quando abbiamo saputo della diagnosi – spiega Monica – è stato un fulmine a ciel sereno. Ricordo che ero in ospedale, mi hanno detto che c’era una brutta notizia per me. Mi sono messa a piangere, non sapevo cosa fare. Ma abbiamo deciso di andare avanti con la gravidanza, mi sentivo pronta ad accoglierla. Ho detto: se quest’anima ha deciso di viaggiare insieme a noi, noi avremo da imparare da lei. Ed è proprio così”.
Anastasia, che oggi ha 4 anni, frequenta il Centro Paideia ogni settimana per svolgere attività di neuropsicomotricità con Alessandra e di musicoterapia con Miriam e Silvio. “Ogni volta che vengo qua mi sento bene e anche Anastasia la vedo sbocciare, fiorire. Alessandra per lei è una seconda mamma. Ha imparato i giorni della settimana perché sa che il venerdì viene da Ale!”
In affiancamento alla psicomotricità, Anastasia ha iniziato un percorso di musicoterapia con altri bambini. “La prima volta non ci voleva andare, non voleva fermarsi si è messa a piangere, non si voleva staccare da me. Poi dopo dieci minuti si è sciolta, io mi sono nascosta dietro il pianoforte e lei ha fatto tutti i balletti con Silvio e Miriam. Adesso mi dice ‘ciao’ ed entra per stare con gli altri bimbi, una cosa bellissima. Lei ha una grande passione per la musica, io l’ho nutrita durante la gravidanza con tanta musica classica”.
Come racconta Monica, ogni settimana porta con sé piccoli progressi e passi in avanti. “Anastasia ci sta dando delle grosse soddisfazioni ma ha bisogno anche dell’aiuto dei terapisti, ogni volta che torniamo vedo che lei migliora in qualcosa, piccole cose che anch’io imparo. Prima davi tutto per scontato, il fatto di parlare, di camminare, fare qualcosa in autonomia. Per altri figli è una cosa che viene fisiologicamente, per lei invece è wow, è tutto wow. Per ogni suo piccolo traguardo, ogni suo piccolo passo che compie sembra che uno ha preso la laurea in Università o ha scalato l’Everest”.
In Paideia – ci dice – mi sono sentita molto accolta fin dalle prime telefonate. L’anno scorso quando eravamo in lockdown è venuto il corriere a casa, mi ha suonato, dice ‘c’è un pacco per lei’, ma io rispondo ‘non ho ordinato niente’. Ho ricevuto il vostro pacco, mi sono messa a piangere. Sento molto amore da questa Fondazione, sento che è fatta con il cuore. Paideia sostiene tante persone in difficoltà, li accoglie e sostiene come meglio può. Tutte le persone con cui vengo in contatto mi lasciano un segno di affetto”.
“Devi sapere – confida Monica – che le parole della gente anche adesso fanno male. Quando mi dicono ‘Ma non lo avete saputo prima della diagnosi?’ io rispondo ‘Sì, e allora?’ A volte è come se ti infilassero un coltello, ci vuole il cuore di acciaio. Ma io mi batterò fino alla fine e lei arriverà lontano, con una mamma combattente. Io mi batterò per i suoi diritti e per il suo futuro. Vorrei che arrivasse alla miglior versione di se stessa”.