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“Trasmettere emozioni è difficile a parole.”
Comincia così il racconto di Massimiliano, un volontario storico di Paideia.
“Ho iniziato la mia esperienza come volontario per curiosità, ispirato da una telefonata che ho ricevuto. Sentivo delle voci festose intorno alla ragazza con cui parlavo e mi sono chiesto dove fosse: era a Pralormo, alla festa di primavera di Paideia. Mi è subito venuto voglia di partecipare, di scoprire di più di quell’atmosfera gioiosa che sentivo dentro la cornetta. Così mi sono avvicinato alla realtà della Fondazione.”
Come guardi oggi alla tua attività da volontario? “Non penso mai molto alle esperienze di volontariato prima che succedano, preferisco lasciarmi sorprendere e dedicarmi anima e corpo quando accadono. Il volontariato è un’esperienza immersiva e mi lascio travolgere e coinvolgere nel momento. Solo dopo rielaboro quello che ho provato. Credo sia per questo che durante le settimane dell’Estate Paideia il mio momento preferito è quando ci ritroviamo e esterniamo le nostre sensazioni, quelli che chiamiamo i pensieri della buona notte. L’incontro con ogni persona è unico e per vivere tutte le situazioni bisogna imparare a sintonizzarsi sulle emozioni degli altri. È importante capire che ognuno ha un linguaggio diverso e per scoprirlo bisogna osservare l’altro, concedersi dei momenti di silenzio.”
Il volontariato richiede sicuramente tempo, ma alcune aziende, come quella di Massimiliano, sono sensibili al tema. “Bisogna provare e chiedere. Io sono fiero della mia azienda: mi rende orgoglioso lavorare in un posto dove questo tipo di impegno viene valorizzato. Questa possibilità esiste in diverse realtà e sono contento di essere stato il primo a sprigionare questa possibilità nella mia azienda.”
Una cosa imparata con il volontariato. “Te ne dico due. La prima cosa che ho imparato con Paideia, che ha poi trovato conferma nelle mie esperienze successive, è che il gioco è il punto di incontro di tutte le età. Ha un grande potere, che è quello di stimolare il cervello e la memoria a continuare a fare. Un’altra cosa che tengo sempre a mente è che ambienti belli stimolano la creatività e la fantasia. Dobbiamo lasciarci contaminare: ognuno di noi è un microcosmo, ma conta molto anche essere in sintonia con il macrocosmo che ci circonda.”
L’esperienza di Massimiliano è cambiata da qualche anno a questa parte: “Da quando nella mia vita è entrata la malattia, ho imparato la difficoltà di trasmettere quello che si vuole. La fatica del non riuscire a comunicare quello che sentiamo. Avere una malattia ti fa capire bene la stanchezza di chi ha più difficoltà, a volte una famiglia può sentire di non decifrare del tutto il bisogno che sta esternando suo figlio… poi però ci sono dei momenti in cui ci si rende conto che esistono linguaggi universali su cui possiamo tutti metterci in sintonia, come per esempio i momenti di canto e musica. Ecco, quando cantiamo, sento che siamo davvero tutti vicini, ognuno di noi in armonia con gli altri. A volte basta camminare insieme, anche letteralmente: uno pensa che il volontariato sia chissà cosa e invece basta dimostrare di esserci.”