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“Non sono solo la mamma di una famiglia seguita da Paideia, ma sono proprio una fan di Paideia, non so se si nota. Anche al lavoro, quando incontro qualcuno che potrebbe aver bisogno, spesso parlo di Paideia e chiedo ‘la conosce già? Ha provato a chiamare? Guardi che sostengono tutta la famiglia’!”
Inizia con una battuta e un sorriso, l’incontro con Noemi. Ci troviamo a parlare perché ha preso parte a un percorso di gruppo con altre mamme di bambini con disabilità e ha dato la disponibilità per raccontarlo, e raccontarsi.
“Il gruppo a cui ho partecipato – spiega Noemi – si chiamava ‘Cocktail di idee’, si è partiti dal concetto di scambiarsi idee anche concrete e strumenti utili per i nostri figli, in realtà abbiamo raccontato tanto della nostra esperienza personale. A me il gruppo ha aiutato molto, perché è arrivato in un momento in cui stavo un po’ affogando. Ho amiche speciali a cui voglio bene, ma spesso non ho voglia di parlare dei miei pesi, perché dovrei spendere tantissime parole per far capire all’altro che cosa sto provando. E se già sei in un momento di difficoltà può essere pesante. Invece con le altre mamme basta uno sguardo, una parola o raccontare un episodio, ed è tutto più facile: noi abbiamo bisogno di altre persone che vivono la nostra stessa situazione.”
L’impatto con la disabilità, per Noemi e la sua famiglia, è avvenuto quando Isabel aveva 4 anni. “Lei ha una diagnosi di autismo, quando è stata diagnosticata io non sapevo cosa fosse l’autismo. Io non mi spiegavo molti comportamenti di mia figlia, quando non conoscevo l’autismo pensavo si trattasse di timidezza. Dopo la diagnosi ho guardato mia figlia e ho detto: non so chi è veramente. Quella è stata la molla che mi ha permesso però di conoscerla.”
Isabel ha iniziato un percorso di logopedia con Laura Pagliero, che poco tempo dopo è entrata a far parte dell’équipe di terapisti di Paideia. “Abbiamo iniziato a comprendere il funzionamento di nostra figlia, a capire come vedeva il mondo. Lei, ad esempio, ha una percezione sensoriale molto diversa dalla mia, sia visiva che di pensiero. Noi stiamo lavorando tanto sulla rappresentazione, perché Isabel, essendo molto concreta, se io le dico un verbo per lei non significa niente, lo deve vedere. Isabel, quindi, riesce a rappresentarselo e la volta successiva che useremo questo verbo lei avrà l’immagine e potrà comprendere quell’aspetto verbale.”
Anche Noemi, a un certo punto, ha riconosciuto di avere bisogno di aiuto. “I primi anni ho solo fatto. Ho fatto, fatto, fatto. Poi dopo, quando era tutto instradato, quando Isabel aveva tutte le persone intorno che le servivano, ho capito che avevo bisogno di aiuto, che avevo bisogno di parlare di quello che era successo. E Paideia mi ha aiutato in questo. C’è stato un periodo che mio figlio piccolo usciva presto da scuola e venivo in Paideia, anche se non avevo niente da fare. Perché per me è stare tra persone che ti capiscono. Entri, un sorriso, scambi di due parole, fa tanto. In Paideia sanno come farti sentire accolta.”
“E poi – riflette Noemi – Paideia per noi è diventata un po’ famiglia: l’abbiamo conosciuta grazie a Isabel, poi tutta la famiglia ha potuto ricevere sostegno. Sono contenta che anche mio marito Pasquale comincerà un percorso, c’è anche un gruppo di papà in partenza e lui ha colto con felicità questa opportunità. Poi c’è Vincenzo, il fratello di Isabel, che per quanto fosse il fratello minore ha sempre avuto con lei un rapporto di protezione. E sui sibling ho ricevuto una formazione totale, non ci fosse stata Paideia non avrei proprio saputo della necessità di aiutare mio figlio in questa crescita con la sorella.”
Quando Noemi parla del sostegno a tutta la famiglia, include anche un percorso che hanno fatto i suoi genitori, nonni di Isabel. “Prima andava solo mia mamma, poi ha trascinato mio papà e lui si è trovato benissimo, è rimasto entusiasta. Sono molto contenti, perché mi dicevano ‘anche noi soffriamo, siamo doppiamente preoccupati, per nostra figlia e per nostra nipote’. Ho riflettuto ancora meglio su questo aspetto: è vero, anche i nonni hanno bisogno di sostegno, anche perché a loro volta sostengono noi.”
“Qui in Paideia – spiega Noemi – registro sempre buone esperienze e mi sento al sicuro, qualsiasi cosa faccia Isabel so che la fa con dei bravi professionisti ed è un peso non indifferente che si toglie alle famiglie. Penso ad esempio all’attività di nuoto: non ho potuto guardarla per un po’ e poi l’ho trovata miglioratissima, l’ho detto a Elena (responsabile delle attività sportive di Paideia, ndr), nuota da sola a dorso e fa tutta la vasca. Sono stata contenta.”
Noemi, prima di concludere, si sofferma su un pensiero che riguarda tutti i genitori dei bambini con disabilità. “La nostra fatica è mentale: sapere che solo noi possiamo occuparci dei nostri figli crea fatica. Se invece tu incontri un posto come Paideia, dove ci sono persone che ti dicono ‘ok ci sono anch’io, anch’io posso occuparmi di tuo figlio, non ti preoccupare’, è lì che comincia la leggerezza. La disabilità è vissuta come normalità, come dovrebbe essere: qualcosa da vivere e che si può vivere tutti insieme. E questa è la ricchezza di Paideia: non lasciarti mai da sola.”