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Luigia e Giuseppe, una chiacchierata a due voci dallo “Spazio nonni”

“Ci siamo resi conto presto che nostra nipote aveva qualcosa di diverso dagli altri bambini, ma non sapevamo esattamente di cosa si trattasse. Non avevamo mai sentito parlare di autismo prima della diagnosi. Oggi sappiamo che, in un certo senso, ogni forma di autismo è diversa e non ci dimentichiamo mai che, in generale, ogni bambino è diverso dagli altri.”

Giuseppe sorride.

Lui e la moglie Luigia sono una coppia di partecipanti allo spazio per nonni e nonne, proposto al Centro Paideia: una serie di incontri in cui ci si ascolta e confronta, insieme a Sabrina Ghersi e Fabrizio Zucca, psicologi e psicoterapeuti.

Giuseppe e Luigia frequentano il percorso da due anni: hanno conosciuto tante persone nuove.

“Certo, se non fosse per lei non verrei – continua Giuseppe, sempre sorridendo – e all’inizio ero restio a capire il senso di questi incontri. Invece ho scoperto che il confrontarsi su problemi simili aiuta. Cioè, continuo a pensare che problemi simili non esistano. I problemi non sono mai uguali, le situazioni non lo sono, ognuno è diverso. Però confrontarsi serve. Il punto è questo: stare da soli non aiuta, frequentare il gruppo fa bene, scoprire altre storie conforta ed emergono spesso suggerimenti utili nella vita quotidiana. 

Confrontarci con gli altri nonni è servito per farci vedere i problemi come un’opportunità. Può essere anche un modo vicendevole di farci coraggio, ma ora la penso così. Quando parlo con i miei amici mi sento più spesso compatito, qui, invece, riusciamo a vedere le cose da un punto di vista differente. Oggi rifletto sul fatto che, conoscendo mia nipote, mi sembra di aver conosciuto un altro lato degli altri.”

“Nostra nipote è una grande gioia per noi – interviene Luigia  – anche quando fatichiamo a capirci. Ci piace stare con lei, è cresciuta anche con noi. Riconosciamo in nostra figlia un grande coraggio e nel gruppo troviamo anche quello spazio per  lamentarci un po’ tra di noi, nelle giornate no, in cui non vogliamo coinvolgere i nostri figli. Anche se per ognuno in modo diverso, ci rendiamo conto che è un problema comune perché tutti i nonni che partecipano al corso sono nonni che mettono molto tempo a disposizione. In generale crediamo debbano essere nonni con la testa abbastanza libera da altri tipi di preoccupazioni per riuscire a venire qui.

Siamo tutti persone che hanno già superato la fase di accettazione del problema, per trovare uno spazio di condivisione vera. Quello che abbiamo capito dalla nostra storia è che conoscere di più fa bene: fa venire voglia di cercare soluzioni nuove, capire come approcciarci ai nostri nipoti, immaginare strategie migliori per comunicare ed entrare in contatto con i bambini.

Per me ad esempio – continua Luigia – questo non è uno spazio per sfogarmi: non ho bisogno di farlo qui, io parlo spesso delle difficoltà di mia nipote, credo sia un buon modo per diffondere la consapevolezza. Nostra nipote a scuola è stata ben accolta, ma abbiamo capito che bisogna dare sempre più spazio agli argomenti che la riguardano, affinché la cultura dell’inclusione diventi realtà quotidiana.”