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Gabriele e il tempo da volontario: “Uno spazio per lasciare fuori tutto quel che è superfluo”

Gabriele ha 23 anni e scoppia spesso a ridere parlando di volontariato: è questo il cuore della chiacchierata in cui racconta la sua esperienza come volontario Paideia, il sorriso e l’allegria.

Gabriele è un volontario Paideia dal 2013, cioè da quando ha compiuto 18 anni.

Per quanto mi riguarda non esiste un’età giusta per essere volontari, ho amici che hanno cominciato anche prima di me. Quando diventi maggiorenne prendi coscienza di essere parte del mondo e senti anche la voglia di fare qualcosa di nuovo per contribuire. Non ci sono esperienze giuste per tutti, ma quello che so è che vale la pena cominciare. Io ho incontrato la Fondazione grazie a una compagna di liceo entusiasta e quello che mi ha colpito da subito è stata la grande organizzazione che la contraddistingue: mi sono sentito immediatamente parte di qualcosa, da subito ho avuto la sensazione chiara di essere utile.

Prima di iniziare non sono mancate paure e pensieri. “Nella mia vita non mi ero mai confrontato con la disabilità, ho pensato che ci fossero altri più preparati e più adatti di me. Poi però mi sono anche detto che non è la preparazione che fa un volontario… come dice la parola, è proprio la volontà.  E io ne ho messa molta da subito, tanto che sono partito appena possibile per l’Estate Paideia. È stato troppo bello!!! Una di quelle esperienze che ti cambia, e tanto.

Da allora sono passati cinque anni. “Nel frattempo la mia vita è cambiata: studio all’università, ho meno tempo, ma ho deciso che piuttosto rinuncerò ad altro, a questo non rinuncio! Faccio volontariato perché ho la sensazione di far bene agli altri, ma la cosa che penso è che mentre ti prendi cura degli altri, ti prendi cura anche di te stesso.

In questo credo che occuparsi di bambini aiuti – i bambini ti ricordano di sorridere e tenere lontano lo stress – ma è anche la Fondazione a contribuire a questa sensazione, chiarendo da subito che sei libero di partecipare quando vuoi e puoi. Non diventa un impegno che devi segnare sull’agenda, ma qualcosa di naturale e una scelta personale. Diventa una cosa che fai perché vuoi farla. Sono certo che aiutare gli altri ti cambi e se non facessi questo, cercherei di usare il mio tempo per fare di sicuro qualcosa di simile.”

Le mie famiglie…” Gabriele si interrompe e si mette a ridere: “In effetti mi viene da chiamarle così! Mi riferisco alle famiglie che ho incontrato durante l’Estate Paideia, alcuni di loro mi hanno detto cose come: “Abbiamo vissuto una settimana come coppia, una cosa che non facevamo da anni” Se non ti colpisce questo, non so, probabilmente non è una cosa che fa per te.”

Che cos’è per te la Fondazione? “Non è un luogo, ma un momento di ritrovo, uno spazio nella mia testa in cui continuo a essere Gabriele, ma lascio fuori tutto quello che c’è di superfluo. In questi cinque anni ho trovato davvero molti amici in Fondazione: anche inaspettatamente, per esempio prima non pensavo che avrei mai potuto essere amico di un’amica di mia mamma!

(Risata)

Diventare amico con qualcuno che non ha la tua età a 18 anni sembra un ostacolo insormontabile, in Fondazione, invece, la voglia di condividere abbatte ogni ostacolo ed è la Fondazione stessa ad aiutarti a mantenere i rapporti con iniziative di divertimento e svago dedicate solo a noi volontari.”

Mi rendo conto che la felpa rossa – la “divisa”del volontario – fa felice tante persone e mi ha cambiato di sicuro, direi in meglio, o almeno credo! Ho guadagnato un’ottica diversa sulle cose. Ora vivo la disabilità come qualcosa che fa parte della normalità, accetto l’idea che ci sono dei problemi che vanno affrontati e con cui bisogna convivere, scoprendo poi magari che si possono superare i propri limiti e in generale che il mondo si può affrontare più serenamente. Da quando sono volontario Paideia ho imparato ad apprezzare la diversità in tutte le cose, vedo sempre più ragazzi della mia età avvicinarsi e darsi da fare per aiutare a dispetto di quello che si dice.”

Io non credo che per forza uno debba diventare volontario: penso però che debba aiutare gli altri, partendo dalle piccole cose del quotidiano. Prendendo coscienza che gli altri esistono. Paideia ti aiuta a rendertene conto e a iniziare a fare, poi sta a ognuno calarlo nella propria realtà.”

 

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