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“Il tirocinio in Paideia? Si impara a essere creativi per il benessere dei bambini”

Il tirocinio può rappresentare un’occasione di apprendimento e di arricchimento preziosa per chi sta effettuando un percorso di studi, aggiungendo una serie di competenze di carattere pratico a quelle che sono le basi teoriche del proprio lavoro. Grazie all’accordo siglato con l’Università degli Studi di Torino e l’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, anche il Centro Paideia è sede di tirocinio per il corso di Studi in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva e il corso di Laurea in Logopedia.

Abbiamo chiesto a Gaia, Maria, Marta e Luca, quattro tirocinanti che hanno affiancato i terapisti del Centro Paideia nei mesi scorsi, di raccontarci qualcosa del loro percorso. Che, per motivi organizzativi, è differente già a partire dalla durata: di quattro settimane per i terapisti della neuro e psicomotricità, di tre mesi per i logopedisti e le logopediste.

Il nostro percorso di studi in logopedia – racconta Gaia, 21 anni – prevede un tirocinio di tre mesi in coppia, con affiancamento di una studentessa del secondo anno con una del terzo, nel mio caso Maria, per due giorni a settimana.” “Come terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva – raccontano Luca e Marta, entrambi al terzo anno – abbiamo in programma un periodo di quattro settimane ciascuno e ruotiamo, siamo dieci in totale.

Si tratta – spiega Laura Pagliero, terapista del Centro Paideia e tutor degli studenti in logopedia – di una buona occasione di collaborazione con l’Università: un atto di fiducia da parte loro ed una possibilità per noi di offrire una formazione su tipologie di casistiche anche complesse. Insegnare e trasmettere tutto ciò che abbiamo appreso dalla nostra esperienza  lavorativa a futuri colleghi è emozionante, crea dei ponti con le nuove generazioni di logopedisti.” 

Sappiamo che il tempo a disposizione degli studenti per stare con noi non è molto, un mese soltanto – aggiunge Andrea Meirone, terapista del Centro Paideia e tutor degli studenti TNPEE – perché l’organizzazione interna di tirocinio prevede rotazione per favorire la conoscenza di più realtà e di modelli organizzativi diversificati, ma ci sembra un importante riconoscimento da parte dell’Università per quello che è il modello Paideia.

"In Paideia si impara moltissimo"

Quando incontriamo Gaia e Maria, il percorso di tre mesi è quasi giunto al termine e stanno vivendo l’ultima settimana del tirocinio in Paideia. “Sin da subito – racconta Mariaci ha colpito l’ambiente familiare, mi sono sentita subito a mio agio nel comunicare con tutti.” “Durante le sedute – aggiunge Gaia – si impara moltissimo, anche per quanto riguarda il rapporto tra il professionista e il genitore, se sei in stanza durante certi scambi è molto formativo e ti aiuta a capire come relazionarsi con la famiglia, una cosa che a lezione è più difficile da affrontare.

"Qui ci sono molti giochi diversi, che potenziano diverse aree del bambino"

Marta e Luca, che affrontano un percorso di durata più breve, raccontano come sia fondamentale la preparazione. “Abbiamo fatto un incontro di formazione con tutti i compagni prima di iniziare il tirocinio – spiega Marta – quindi avevamo già visto la struttura, ci era stato spiegato come funziona, la filosofia che sta dietro il Centro. Una delle cose che ho notato di più è il materiale, qui ci sono molti giochi diversi, che potenziano diverse aree del bambino, la stanza è sempre grande, illuminata, si può gestire la luce in base alle necessità dei bambini.
Il fatto di essere una struttura nuova – dice Luca – è un punto di forza e di impatto. In particolare, ho trovato utile la divisione del Centro in base alle aree di interesse: a volte i bambini rimangono qui e fanno giusto un piano per cambiare seduta, o un altro piano per andare in piscina. Mi sono confrontato con famiglie serene e tranquille, penso sia competenza anche della struttura e del terapista far sì che questi genitori siano sereni sul fatto di aver intrapreso un percorso positivo nonostante le possibili difficoltà.

"L'attenzione alla famiglia che si sviluppa anche in altri ambiti oltre il Centro"

Tra i punti svolti negli appuntamenti preparatori, ampio spazio è stato dedicato all’approccio Family Centered Care adottato da Paideia, che si pone di guardare non soltanto al bambino o alla bambina con disabilità, ma ai bisogni di tutta la famiglia. “Trovo sia bello vedere – racconta Gaia – come l’attenzione alla famiglia si sviluppi anche in altri ambiti oltre il Centro: penso alle occasioni di vacanza, alle gite in fattoria, all’attenzione che dedicano i volontari. Poi sì, famiglia vuol anche dire una presenza nella stanza di terapia, e non vuol dire soltanto genitori. Ho visto ad esempio un bambino con la nonna: la logopedista le ha spiegato come affrontare a casa l’ambito delle richieste del bambino e lei è stata coinvolta in prima persona nel percorso.
A maggior ragione se è una nuova presa in carico – spiega Luca – il genitore ed il terapista si integrano e supportano vicendevolmente con un focus comune.” “Per il bambino – aggiunge Marta – avere lo stesso approccio in tutti gli ambienti della sua vita è molto utile, perché facilita il trasferimento e la generalizzazione creando situazioni di vero apprendimento.

Il coinvolgimento dei tirocinanti nella vita del Centro

Prima del coinvolgimento del tirocinante all’interno della seduta – spiega Laura Pagliero – viene effettuata dal terapista referente una valutazione di fattibilità nel rispetto dei genitori e del bambino. In seguito ogni studente riceve uno schema nel quale vengono attribuiti  tutor e/o affiancatori e l’orario di inizio e termine terapia. Dare la possibilità agli studenti di seguire più terapisti  permette loro di approfondire diverse  metodologie, tecniche e stili. Gli studenti hanno anche la possibilità di visionare materiali, protocolli di valutazione e test e di creare materiali individualizzati per i bambini supervisionati dal tutor e affiancatori.
A volte – Spiega Andrea Meirone – per un bambino la continua variazione del tirocinante può essere faticosa, lo spazio Neuropsicomotorio è anche uno spazio di relazione, dove il requisito fondamentale è il benessere del bambino e della sua famiglia. Pertanto viene effettuata una valutazione rispetto alla disponibilità del bambino di accettare un cambiamento così rapido. Oltre all’esperienza diretta con il bambino viene riservato uno spazio da dedicare alla consultazione della documentazione, alla produzione di materiale oppure all’analisi della seduta con la supervisione del terapista.

"Ogni giorno scopri qualcosa su un bambino e su di te"

Come mai la scelta di intraprendere questo percorso di studi? Le motivazioni e i punti di partenza sono differenti. Come quello di Luca, che arriva da un percorso triennale in scienze motorie, ma non conosceva la neuropsicomotricità. “Poi ho scoperto che è un mondo bellissimo, il fatto di potersi approcciare a un bambino e al suo mondo, ogni giorno scopri qualcosa su un bambino e su di te, è un percorso di crescita continuo, che ti mette sia alla prova ma ti dà molta soddisfazione.
Io – racconta Maria – ero interessata all’ambito della riabilitazione, soprattutto nella sfera legata ai bambini, e poi mi piaceva unire la parte relativa alla comunicazione, al fatto di poter aiutare un bambino a comunicare, a entrare in relazione con gli altri e poterlo sostenere in questo.” “Con la logopedia – spiega Gaia – ho scoperto un mondo. Anche l’ambito della disabilità è una scoperta, è bello vedere anche soltanto dei piccoli passi nel miglioramento, poter osservare quanta gioia danno al genitore e al terapista, di settimana in settimana.
Ero abbastanza sicura di voler lavorare in campo sanitario – racconta Marta – e in particolare nel pediatrico, avevo fatto volontariato con la disabilità ed ero contenta di poter lavorare a stretto contatto con il bambino. Nel tirocinio ho potuto apprezzare l’approccio, il lavoro, l’obiettivo: qualcuno dice che veniamo pagati per giocare coi bambini, ma dentro il gioco c’è un mondo, un sacco di ore a studiare.

Che cosa lascia l’esperienza di tirocinio in Paideia?

Per me – dice Gaia – il tirocinio è stato utile per vedere come ci si approccia a un bambino con disabilità, come ci si confronta con la famiglia, come impostare una seduta o un gioco. Ho apprezzato l’inventiva, la capacità di impostare un gioco in modo che un bambino faccia determinate richieste o commenti. Ho visto sedute ho visto sedute abilitative di bambini con disabilità complesse per più settimane ed è stato importante capire come perseguire un obiettivo attraverso un lavoro costante e monitorato e vedere il bambino migliorare.
Personalmente – racconta Luca – una cosa che ho imparato è quanto si può fare semplicemente da quando il bambino entra in stanza e ti propone di fare una cosa. Il terapista accoglie la richiesta del bambino, trovando la strada per riportarlo sull’obiettivo del trattamento: una cosa molto importante.
Incontrando bambini di età diversa – spiega Marta – è molto bello vedere come si sono evoluti nel tempo, come è cambiato il rapporto con loro e i genitori. E poi imparare a strutturare il setting, la stanza, cosa preparare prima e dove metterlo, per favorire l’orientamento del bambino.
Oltre alle nozioni propriamente teoriche – dice Maria – questo tirocinio è stato utile per capire come relazionarmi con un bambino con disabilità, oltre a relazionarmi con la famiglia, con tutte le persone che si occupano del bambino, la rete che ci sta intorno. Ci hanno spiegato come preparare il materiale, ci hanno seguito, ci hanno fatto vedere molte cose: è stato un ragionare insieme e imparare a essere creativi per contribuire al benessere dei bambini.

Grazie per le vostre testimonianze e per il tempo che avete dedicato in Paideia, e in bocca al lupo per il vostro lavoro!