Elena racconta i Giochi Paralimpici: “Parigi, che spettacolo straordinario”

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Elena racconta i Giochi Paralimpici: “Parigi, che spettacolo straordinario”

“Quella di Parigi è stata la mia seconda Paralimpiade, ma per alcuni aspetti è stato un esordio, perché quello che avevo vissuto a Tokyo era stato un evento completamente differente, senza pubblico.”
Elena Grosso, responsabile delle attività sportive di Paideia, ha vissuto i Giochi Paralimpici di Parigi in prima persona grazie alla convocazione come official coach della Nazionale Italiana di Nuoto Paralimpico. “Il pubblico – racconta – in effetti ha fatto la differenza, c’è stata tanta gente anche alle batterie di qualificazione del mattino, momenti che solitamente sono un po’ meno partecipati. Invece grande presenza, ed è stato bello vedere sugli spalti anche tantissimi ragazzi e ragazze con disabilità.”

In che cosa consiste il ruolo degli official coach in un evento come quello di Parigi? “Io faccio parte dei tecnici convocati direttamente dalla Nazionale, mentre altri allenatori hanno partecipato al seguito di alcuni atleti. La nostra funzione è stata quella di seguire gli atleti a partire dal collegiale, ma anche negli allenamenti nei giorni che precedono l’evento. Di fatto gli assistenti possono avere una funzione specifica nella gara, che sia quello che viene definito ‘tapper’ – quindi segnalare il punto di virata ad atleta non vedente – o fare partenza assistita. Lì si segue un regolamento, dove l’assistente ha ruolo di aiuto perché l’atleta possa fare la gara, ma se l’assistente sbaglia a fare qualcosa l’atleta viene squalificato, quindi è molto delicato.

“Anche per questo – spiega Elena – c’è una parte di fiducia che l’atleta deve avere nei tuoi confronti. Si tratta di un ruolo delicato perché non sei il loro tecnico fisso, quindi il lavoro deve essere fatto un po’ in punta di piedi. Forse non tutti lo sanno, ma nei momenti prima della gara l’assistente che accompagna gli atleti ha divieto di parlare, quando si entra in camera di chiamata l’atleta è da solo, la parte di coaching è vietata.”

Nei giorni di Parigi, oltre all’orgoglio di essere in un gruppo di lavoro che ha portato grandi risultati  nel nuoto, Elena ha potuto avvicinarsi in alcuni momenti anche ad altri sport. “Ci sono discipline che da sempre mi stanno a cuore, tipo la boccia paralimpica, e incontrare atleti di altre nazioni dei quali avevo visto soltanto gare in televisione è stato sicuramente molto emozionante. Di alcuni, poi, ho assistito alla gara di addio: è stato davvero bello poterli salutare e ringraziare per aver dato così tanto del loro impegno alla crescita del movimento.”

“Il momento più emozionante – confessa Elena – è quando vedi la piscina la prima volta. L’idea di arrivare in questo tempio del nuoto ed entrare in piscina è l’emozione di tutti. Si tratta di un momento che ricerchiamo non solo per provare l’acqua e l’ambiente, ma è quello che ti fa venire la pelle d’oca. La prima mattina di gare siamo entrati più volte sul piano vasca soprattutto per abituarci alla gente che arrivava. Poi quando entri ad accompagnare l’atleta e si inizia tutto questo rumore non lo senti più, ritorna a gara finita, ed è una bellissima sensazione.”

Il tempo di rientrare a Torino e per Elena è già tempo di tuffarsi in Paideia, nel vero senso del termine.
“Al di là della stanchezza, questi sono i giorni in cui io ho voglia di vedere come queste Paralimpiadi contribuiranno a cambiare le cose, è un dato di fatto che questi eventi aumentano la voglia di fare sport e questo vale a maggior ragione per lo sport paralimpico. Alla malinconia degli ultimi giorni, per qualcosa che stava finendo, ho affiancato la voglia di tornare a casa e mettermi al lavoro per accogliere i bimbi, pronti per una nuova stagione!”

 

 

Foto: CIP