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Hanane: “Ho imparato che non si è mai soli”

Sai cosa ho capito dopo il primo incontro qui? Che avevo trovato il posto giusto, dove potevo essere me stessa e dove non sarei stata giudicata.Hanane ha un sorriso grande e gli occhi che brillano, quando inizia a raccontare di sé. “Ho conosciuto Paideia circa tre anni fa, subito dopo aver avuto la diagnosi di Munir. Già intorno ai 18 mesi relazionarsi con Munir era difficile, poi quando lui ha compiuto 3 anni è arrivata la diagnosi di autismo.

Non avendo noi esperienza e non sapendo nemmeno cosa fosse l’autismo – racconta – non avevamo assolutamente pensato fosse quello. Così dopo il primo momento di spaesamento sono tornata dalla psicologa e le ho chiesto se per favore sapeva indicarmi un posto dove incontrare altre mamme come me. Lei è stata carina, mi ha detto ti mando lì, vedrai che ti troverai bene. E in Paideia ho conosciuto Federica: è stato un incontro molto di ricerca, di racconto delle emozioni che provavo in quel momento. Oltre che conoscitivo è stato un incontro anche molto empatico, mi sono sentita subito a casa.

Dopo abbiamo iniziato a frequentare il Centro facendo varie attività. Abbiamo iniziato con danza, poi piano piano abbiamo allargato le nostre attività. Ora Munir fa nuoto di gruppo, con altre bambine bellissime che lo stuzzicano, fa musica, fa YAP. In questo periodo è cresciuta molto la relazione rispetto a prima. Con noi lui ha capito che se vuole avere delle cose sa come deve fare, ha imparato a relazionarsi con noi anche in modo giocoso. Con gli altri è un pochino più difficile, ma noto che in questo periodo sta sviluppando questa voglia di stare con gli altri.

La disabilità di Munir è invisibile, che cosa significa questo nella vita di tutti i giorni?
Io tendo a prendere spesso il lato positivo delle cose. Il fatto che non si veda fa sì che non venga subito ‘classificato’, molte persone lo vedono e non sospettano niente. Adesso però sto facendo i conti col fatto che lui ha 6 anni e dovrebbe poter parlare, relazionarsi coi bambini e questo non succede. Ho notato che all’asilo l’approccio era diverso, era mimetizzato tra gli altri bambini perché a quell’età magari non tutti i bambini parlano benissimo. Poi, mentre si cresce, la disabilità si nota sempre di più e bisogna avere il coraggio di dirlo. Io sto imparando piano piano a non nascondermi ma quasi ad anticipare, nel senso che lascio che Munir sia se stesso, ma quando vedo che si va in difficoltà racconto della sua disabilità.

Oltre alle attività durante l’anno, l’estate scorsa la famiglia di Munir ha partecipato al progetto “Estate Paideia”. “Un’esperienza davvero molto ricca, che ci ha fatto bene. Intanto siamo stati accolti in una maniera meravigliosa da tutti, poi è stato bello perché ho incontrato altre famiglie con cui mi sono confrontata, abbiamo avuto i volontari che ci hanno aiutato tanto. È stato bello per Munir e per me, ma sono stata molto contenta che è venuto mio figlio grande che ha potuto vedere delle cose: ha visto che ci sono altri fratelli, altre difficoltà, anche più grosse, e che si vive. Si può vivere benissimo, gioire, star bene anche se ci sono queste difficoltà.

E, come sottolinea Hanane, partecipare alle attività del Centro significa anche confrontarsi con altri genitori, stringere nuove amicizie. “Ho iniziato a conoscere altre mamme che stanno vivendo le stesse cose che vivo io. Andiamo al bar, ai giardini del Centro Paideia e so che qui trovo sicuramente un’altra mamma con cui scambiare emozioni, informazioni, ansie, paure, sfoghi alle volte: ci siamo fatti dei bellissimi pianti insieme ad altre mamme. Qui sono nate delle amicizie. Ho imparato che non si è mai soli, basta aprirsi un po’. Qui in questo posto, fatto di persone veramente con il cuore, c’è sempre un punto di riferimento.”